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Divieto di pagamento in contanti della retribuzione dal 1° luglio 2018

La Legge di Bilancio 2018 ha stabilito che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro/committenti non potranno più pagare la retribuzione o il corrispettivo maturato dai lavoratori tramite denaro contante corrisposto direttamente ai lavoratori stessi.

Queste le tipologie di rapporti di lavoro per cui è in vigore il divieto:
– subordinato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto (es. a tempo indeterminato/determinato, a tempo pieno/part time, a chiamata, ecc.);
– collaborazioni coordinate continuative;
– contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci (L. n.142.2001).

Potranno invece avvenire ancora in contanti i pagamenti dei compensi derivanti da:
– rapporti di lavoro domestico, che rientrano nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali del settore, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
– rapporti instaurati con le Pubbliche Amministrazioni;
– tirocini formativi, borse di studio;
– prestazioni occasionali di lavoro autonomo.

La retribuzione o il corrispettivo maturato, dovranno essere pagati attraverso una banca o un ufficio postale, con uno dei seguenti mezzi:
– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
– strumenti di pagamento elettronico;
– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
– emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

Queste modalità di pagamento si applicano anche in caso in cui il datore di lavoro/committente debba corrispondere un anticipo della retribuzione/corrispettivo maturato, indipendentemente dal valore dello stesso.

I lavoratori interessati non sono obbligati ad aprire specifici conti correnti bancari o postali, o altri strumenti particolari, per consentire al proprio datore di lavoro/committente di effettuare i pagamenti secondo queste modalità.

La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Pertanto, in caso di contestazione dell’eventuale illecito, gli organi di vigilanza dovranno verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti dalla legge, ma che lo stesso sia andato a buon fine.
Sono previste sanzioni che vanno da 1.000 a 5.000 euro per il datore di lavoro/committente che violi questi obblighi.

Per informazioni rivolgersi al Servizio Paghe CNA Piemonte Nord.

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